Uno dei pochi uomini politici italiani dotato di senso della storia, Giulio Tremonti, ha paragonato la presente emergenza da Coronavirus al 1914. Con lo sparo di Sarajevo all’arciduca Francesco Ferdinando, erede dell’impero asburgico, iniziò la prima guerra mondiale e si chiuse la Belle Epoque, il periodo avviato negli ultimi decenni del XIX secolo, tra innovazione scientifica, progresso industriale e diffuso ottimismo. La pallottola del nazionalista serbo Gavrilo Princip non troncò solo la vita dell’arciduca, ma la fece finita con l’epoca degli imperi e l’egemonia planetaria dell’Europa. Quel che porterà il 2020, lo choc del virus, con il suo fardello di morti, distruzione delle orgogliose certezze e disastro economico non lo sappiamo ancora. Abbiamo tuttavia la convinzione che i mesi, i giorni che stiamo vivendo siano quelli di un tornante della storia, di un cambio di paradigma economico, culturale, esistenziale.
Ci sarà tempo per approfondire riflessioni etiche ed antropologiche, ma intanto è necessario salvare il salvabile e mostrare coraggio, inventiva e capacità progettuale, affinché questi tempi non siano gli ultimi di ieri, ma i primi di domani.
Rimaniamo sul terreno economico e finanziario: la globalizzazione è in crisi, oggi è contagiata in quanto per un trentennio è stata contagiosa. Che fare, allora? La premessa è la necessità di mettere al riparo la nostra nazione dagli effetti drammatici di una crisi che può azzerare il benessere faticosamente conquistato, negli ultimi venti, trent’anni perduto a spizzichi e bocconi. E’ l’ora di decisioni gravi, della responsabilità nazionale e di scelte nuove. Recuperare la sovranità, economica, monetaria e politica è la condizione preliminare per ricominciare. Tra gli italiani che si stanno impegnando con maggiore energia, emerge un gruppo di uomini e donne – economisti, studiosi, pensatori, analisti politici- che sta lavorando alla costruzione di un nuovo paradigma, tentando di costruire un centro di gravità- fatto di idee e misure concrete – in grado di determinare un radicale cambiamento.
Metapolitica, sterile teoria? Niente affatto, il principio è “primum vivere”. Con il contributo di una schiera di economisti estranei al mainstream accademico, politico e ideologico, è stato predisposto un vero e proprio piano di salvezza nazionale. Idee, progetti, misure, proposte forti, ma assolutamente realistiche, in grado di dare la scossa alla nazione nel momento più buio, ma soprattutto restituire speranza. Da subito, da oggi. Non è un invito, ma una pacifica chiamata alle armi per cogliere, nel pieno di una straordinaria, quanto imprevista crisi globale, l’occasione per imprimere, finalmente, un ampio cambiamento economico, monetario, produttivo e geopolitico, orientato a superare il vecchio paradigma e adottarne uno nuovo, più sostenibile, umano e positivo. In uno scritto successivo, cercheremo di indicare le linee guida e i presupposti ideali che animano gli estensori del piano. Qui e adesso, tentiamo di fornire una prima “cassetta degli attrezzi” del progetto elaborato da personalità del calibro di Nino Galloni, Fabio Conditi, Alessandro Coluzzi e altri. E’ urgentissimo far capire ai connazionali che l’Italia non ha bisogno di prestiti internazionali, sia nella forma drammatica del Meccanismo Europeo di Stabilità, ovvero la fine della Grecia, la svendita agli avvoltoi e la rapina della risorse della nazione, e neppure in quella, meno violenta, ma comunque estranea all’ interesse nazionale, dei cosiddetti Coronabond.
di Maurizio Blondet