Area Agraria
Sistema Economico Sovrano
Una coltura malata, che ha bisogno di costante intervento della chimica, è segnale di allontanamento dall’uomo, dai principi naturali. Lo squilibrio delle coltivazioni tradizionali nasce dall’abbandono della visione olistica dell’azienda agricola. Il terreno viene violato, costantemente trascurate le sue potenzialità naturali, lavorato con mezzi pesanti e veloci che accelerano la trasformazione continua della sua plasticità, provocando l’esaurimento delle sostanze organiche e agendo negativamente sulla gerarchia microbiologica del terreno. Tutti i microrganismi muoiono, o si riducono fortemente, trasformando l’ecosistema in un deserto sterile che necessita di continue concimazioni.
Le piante così trattate perdono la capacità di comunicare con i microrganismi e con tutti gli altri animali, più o meno grandi, che popolano l’ecosistema terreno e che con il loro contributo fortificano le difese delle piante.
La natura si accorge dell’eccesso di nutrimento delle piante e del disequilibrio del terreno ed invia conseguentemente eserciti di batteri, funghi, afidi, cavallette e altri difensori piccoli o grandi che tentano di sanificare l’eccesso per renderlo omogeneo.
La risposta è quasi sempre chimica, per mezzo dei più svariati principi attivi, inquinanti e tossici, per gli organismi viventi che sono fondamentali per il ciclo biologico. Da non dimenticare che poi i prodotti tossici finiscono sulle nostre tavole.
Tutta questa forza e prepotenza basata sull’idea di profitto, va a dividere i vari componenti dell’ecosistema agrario il quale perde vitalità e la terra si ammala.
Le malattie delle piante, sono un segnale che l’uomo dovrebbe comprendere. Reindirizzare rispettosamente e proficuamente i propri interventi, trattando il terreno per un essere senziente.
La Terra è dotata di una coscienza che risponde in base al trattamento che riceve o subisce. Una lavorazione naturale e rispettosa crea le condizioni per una risposta rigogliosa di microrganismi in simbiosi con le radici delle colture ospitate. In questo stato le piante si fortificano e si ammalano meno, permettendo la riduzione degli interventi fitoterapici, sino al completa eliminazione.
La pratica della biodinamica, con l’eventuale uso di soli mezzi leggeri, che non maltrattano la terra, consentirebbe di massimizzare la vitalità del terreno e delle piante, ottenendo prodotti con maggiore quantità di principi nutritivi. Questi, avendo anche una vibrazione enzimatica più elevata, favorirebbero tra l’altro una migliore digestione.
La fattoria agricola è un esempio pratico di come creare un organismo vivente autosufficiente, sfruttando le conoscenze alchemiche ed omeopatiche di Rudolf Stainer. Conoscenze con le quali si insegna alla Terra e alle piante come auto-rigenerarsi e vitalizzarsi.
La fattoria agricola può diventare anche un centro didattico di principi della vita sociale, dove l’uomo impara dalla terra, dagli animali e dalle piante, e ne favorisce la loro evoluzione.
L’esistenza dell’uomo si fonda sull’attività agricola, dai prodotti della terra traiamo energia e benessere. Una comunità in grado di produrre il cibo necessario al proprio sostentamento è libera e quindi indipendente dal mondo che la circonda. Essere in grado di far fronte ai propri bisogni primari, sia come individui sia come collettivo, genera una sensazione di sicurezza e serenità.
Il contatto ravvicinato tra l’uomo e l’agricoltura è fonte di benessere fisico ed emotivo.
Il sistema capitalistico ha aggredito anche il settore delle piccole e medie aziende agricole, rendendole dipendenti da grosse multinazionali detentrici di brevetti sui semi e sui fertilizzanti; la cultura di decenni e secoli di coltivazione è stata disintegrata in base a logiche di profitto spietate che hanno soppiantato gli agricoltori e le realtà locali a favore di coltivazioni estensive, intensive e della grande distribuzione. Tutto ciò è stato possibile per le tremende logiche commerciali e finanziarie, messe in atto al solo scopo di conquistare territori e fasce di mercato.
La rete distributiva si è inesorabilmente allargata e la marginalità del produttore si è ridotta sempre più, dipendendo maggiormente dai prodotti chimici e dall’energia fossile.
I contadini, spogliati di conoscenza e pressati da logiche di prezzo ed esigenze di mercato, sono stati declassati a rotelle di un ingranaggio impazzito, in grado di devastare territori, impoverire terreni e produrre cibo di qualità inferiore e talvolta scadente.
L’avanzata del capitalismo è stata spalleggiata da messaggi mediatici infondati, sapientemente divulgati, che hanno generato opinioni diffuse secondo cui la popolazione mondiale non riuscirebbe ad essere sfamata con l’attuale produzione e che necessita della grande industria per rendere produttive le colture.
Anche i modelli di felicità proposti dalla società hanno discostato l’uomo dalla terra, descrivendo il lavoro agricolo come umile, non evidenziandone gli enormi vantaggi che se ne possono trarre, specie quando approcciato in modo non convenzionale.
La strada per l’indipendenza e l’uscita dal sistema di schiavitù finanziaria in cui ci troviamo, parte proprio dal settore agricolo. Saper auto produrre per sé e la propria comunità ha ricadute positive immediate, sia sotto il profilo economico sia del benessere fisico ed emotivo. Chi coltiva, e lo fa nel rispetto della natura e dell’uomo, protegge la varietà genetica, le competenze, l’indipendenza e la sicurezza della popolazione d’appartenenza.
Ma c’è un problema! L’attuale sistema economico ci tiene impegnati per 40 anni e 40 ore a settimana per una paga più o meno corposa, ma comunque destinata all’acquisto di beni e servizi prodotti da altri e super tassati. Ciò rende sempre più difficile il ritorno alla terra, sia per passione sia per lavoro. Chi volesse dedicarsi per creare uno spazio nel mercato dovrebbe, inoltre, confrontarsi con dinamiche concorrenziali spietate.
Il Sistema Economico Sovrano porrà fine a tutto ciò e darà la possibilità, a chi vuole dedicarsi all’agricoltura, di farlo con passione, dedizione, focalizzandosi nel benessere dell’individuo e della comunità, e non per inseguire esclusivamente logiche economiche svilenti.
Col nuovo sistema economico sarà possibile attribuirsi indipendentemente le ore prestazionali svolte, sia che ci si dedichi alla coltivazione per il fabbisogno di piccole comunità, sia per nuclei più grandi.
La filiera si accorcerà grazie al fatto che verranno messi in contatto diretto, produttori e consumatori.
Immaginate che sviluppo potrebbe esserci?
L’accesso al credito, inoltre, sarà semplice, copioso e senza interessi. Questo è il SES perché è del popolo e per il popolo.
Per riprendere il contatto con la terra, e quindi con le proprie radici, serve forza nuova e motivata. I giovani sono pronti a scendere in campo! Il SES permetterà loro di organizzarsi con la serenità necessaria e di approcciarsi al mercato dei prodotti agricoli apportandovi vero valore e qualità. Vedremo rinascere aziende altrimenti destinate al fallimento e spuntarne di nuove, tutte attualmente escluse dalle dinamiche commerciali.
Le aziende localmente impegnate favoriranno, tra l’altro, una conservazione dell’ambiente e la ripresa delle interazioni sociali, caratteristiche peculiari delle località rurali, in grado di risollevare la qualità della vita.
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